La poesia e la narrativa: bivio creativo di Jack London
La fama internazionale che accompagna l’opera e la vita dello scrittore americano Jack London è radicata sulla conoscenza delle sue opere narrative, tra le quali sono universalmente conosciuti Il richiamo della foresta e Zanna Bianca nella letteratura giovanile, e Il popolo degli abissi e Il Tallone di ferro tra i romanzi per adulti. Anche la sua cospicua produzione di racconti, novelle, articoli ha contribuito a renderlo uno scrittore popolare e ampiamente letto ma pochi sono al corrente della sua inclinazione a scrivere liriche, poesie e canti. Il genere poetico gli era particolarmente caro, e lo testimoniano le affermazioni in numerose lettere ad amici e colleghi, le sue prove acerbe e quelle che furono il risultato di uno studio diligente delle tecniche di versificazione, sia della migliore produzione del passato sia della sua contemporaneità.
Daniel J. Wichlan, un ricercatore americano indipendente, sostanzia il suo studio più che ventennale sulla convinzione che Jack London sia stato innanzitutto un poeta che scrisse romanzi e narrativa per guadagnarsi da vivere e non, come ritenuto dalla critica accademica, un romanziere con l’hobby della versificazione. Ripercorrendo l’intensa vita dello scrittore americano si rintracciano sue attività di lettura e scrittura di liriche e canti, una cospicua produzione anche di prove stilistiche diverse, un reiterato desiderio, rimasto inappagato, di essere apprezzato come poeta. L’autore del saggio The complete poetry of Jack London ribadisce che il proprio intento non è di catalogare tutte le poesie di London (impossibile in una produzione così straripante e convulsa), bensì quello di analizzare quanto la poesia abbia influenzato e vitalizzato la creatività dello scrittore. Per questo motivo è interessante esaminare la scelta di poeti che London reputò esimi modelli e che citò nelle sue opere.
L’interesse per la poesia sboccia a 10 anni
L’amore per la poesia nacque nel giovanissimo Jack all’età di dieci anni, quando cominciò a frequentare la biblioteca comunale di Oakland, diretta dalla bibliotecaria Ina Coolbrith. Lei, che fu insignita diversi anni più tardi del titolo di poet laureate di California, riuscì a trasformare la sua curiosità in un’inesauribile voracità che gli fece assaggiare tutti i generi letterari, tra cui la poesia.
Jack London dimostrò di avere le qualità per studiare da autodidatta e per recuperare l’enorme gap educativo e culturale causato dalla sua vita burrascosa. Fin da ragazzo adolescente avvertiva una travolgente inclinazione per le esperienze estreme, per l’avventura, ma anche una sensibilità innata per apprezzare lo spettacolo della natura e le atmosfere così ispirate. Gli accademici e gli studiosi dell’opera omnia di Jack London non elogiano le sue prove liriche, né le condannano, le giudicano appena decorose, espressioni classicheggianti e ben strutturate, risultato di una lunga meticolosa disciplina e di padronanza della scrittura. London ha letto in modo estensivo la produzione poetica di numerosi autori (tra i suoi preferiti Dryden, Pope, Shakespeare, Shelley, Burns e Tennyson) e di questo esercizio ha beneficiato la proprietà linguistica della sua prosa. Questo interesse è dimostrato dalla quantità di citazioni di poesie, sue o di altri autori, che si rintracciano in ben 32 dei suoi 55 romanzi pubblicati.
La ricchezza di linguaggio abbinata a una singolare abilità descrittiva caratterizza i suoi romanzi, trovando humus nella lettura e comprensione delle poesie: secondo Wichlan, anche per gli studiosi contemporanei è essenziale conoscere ed esaminare la produzione poetica di London per apprezzare appieno la sua narrativa. La sua poesia, ribadisce T. Parson, accademico dell’University of North Carolina Wilmington, non risulta memorabile né innovativa, anche se London ha sperimentato diverse forme, perfino desuete e difficili come la villanella e il triolet.
Nessuno può contestare la sua abilità tecnica, che sappiamo essere il frutto di severi esercizi di analisi e riproduzione di famose poesie, come attesta il taccuino redatto dal 1898 al 1900. È uno dei quattro quaderni di annotazioni in cui lo scrittore prendeva appunti per nuove idee, annotava indirizzi per contatti e viaggi, faceva esercizi di poesia e trascrizioni di liriche. Gran parte dei consigli per scrivere una buona poesia e per riconoscere la metrica, analizzare le misure classiche e riprodurle, con appunti chiarificatori, sono tratte dal libro di Robert F. Brewer Orthometry: a treatise on the Art of Versification and the Technicalities of Poetry del 1893.
L’indifferenza degli editori
London non ebbe successo con gli editori, che gli rifiutarono sistematicamente la pubblicazione delle sue liriche; tra marzo 1897 e agosto 1899 scrisse almeno 35 poemi ma solo due furono pubblicati in quel lasso di tempo. Altri sedici furono dati alle stampe successivamente grazie alla sua fama e all’onnivoro fanatismo dei suoi lettori. Il tempo e l’energia creativa che lui dedicava alla corrispondenza con editori e redazioni di riviste per richiedere la pubblicazione sembrava tempo perso agli occhi dei più vicini collaboratori ed estimatori. Ce lo conferma la severa critica della sua prima fidanzata, Mable Applegarth, nella corrispondenza scambiata con lo scrittore. Jack London però era di tutt’altro parere, e nella sua lettera in risposta datata 6 dicembre 1898 esplicita così la sua necessità di “poetare”: “the discipline of writing poetry enhanced my ability to write prose….my poems are studies in structure and versification….a fine drill, forcing one to be trite, to sum his thoughts in a small compass, to condense”.
Similmente la delusione affiora in una lettera indirizzata all’amica ebrea Anna Strunsky a febbraio del 1900. Grazie alla dettagliata ricerca di Wichlan negli epistolari leggiamo cosa le scrisse: “As to the box. Please take good care of the contents. And don’t mix them up, please. I haven’t written any poetry for months. Those you see are my experiments (studies in structure and meter) and though they be failures I have not surrendeed. When I am financially secure, some day, I shall continue with them – unless I have prostituted myself beyond redemption”. Pessimismo e testardaggine si alternano in queste frasi da cui si evince che la disciplina applicata allo studio non gli ha regalato i risultati sperati.
I temi delle sue liriche
Nel 1906 London dichiara che non ha più scritto poesie da alcuni anni e che le sue aspettative sono evaporate, però non smette di frequentare poeti, di leggere e declamare poesie e di intrattenere gli ospiti e la seconda moglie Charmian con la lettura di poesie di Symons, Le Gallienne, Swinburne, Rossetti, Fitzgerald, Bierce, Henley, Sterling e altri.
I temi principali delle sue liriche si possono riassumere nell’osservazione della natura, che diventa un palcoscenico su cui si aggira l’uomo, e nel sentimento amoroso declinato sia tra giovani promesse sia tra amanti consolidati. Egli era attratto dalle manifestazioni contorte dell’umano fallimento ma le espresse solo nei romanzi e nelle short stories, nelle poesie si allineò al naturalismo d’inizio Novecento. La loro lettura ci riconsegna una visione leggiadra della Natura che ci ricorda i quadri dell’americano John Singer Sargent.
The Mystic chains that bound
Thy all-fond heart to mine,
Alas! Asundered are
For now and for all time.
Un tema nuovo che scaturisce dal suo interesse sociopolitico è proposto in due poesie pubblicate rispettivamente nel 1899 The way of war e Of man of the future del 1915: nella prima l’autore si interroga sul confronto tra l’uomo primitivo, quello medievale e quello moderno. La loro evoluzione e quella della società sono esaminati alla luce delle convinzioni dello scrittore americano che glorificava la prestanza fisica e la virilità. Spregiudicato e aggressivo, appassionato crociato per la lotta della classe operaia, London rappresentò in un certo senso quel profetico rivoluzionario che costruì l’archetipo dell’individualismo americano. L’uomo del futuro sarà in grado di distruggere in frammenti il nostro globo durante il gioco della guerra? Forse seminerà la morte attraverso il firmamento; la sua capacità di imbrigliare le comete e le stelle lo farà viaggiare nello spazio tra i pianeti.
Of man of the future! Who is able to describe him?
Perhaps he breaks our globe into fragments
in a time of warlike games.
Perhaps he hurls death through the firmament
man of the future! He is able to aim at the stars,
to harness the comets,
and to travel in space among the planets.
L’ammirazione per l’uomo e le sue capacità di viaggiatore senza confini (nello spazio), di coraggioso cacciatore (imbrigliare le comete) ma anche la preoccupazione per la sua inclinazione alla guerra, sono condensate in questi versi che attestano ancora una volta la sua passione per la vita e il suo desiderio di conoscenza.
Nella raccolta delle poesie non pubblicate (26) si trova un poema intitolato The socialist dream (1897) in cui affronta il tema della coltivazione della terra come occasione per l’uomo di migliorare l’ambiente; qui canta una terra di onestà e prosperità dove il lavoro ha il suo giusto compenso, un american dream legato al welfare. Un’utopia? L’analisi delle sue opere attraverso le lenti della critica socialista di genere, classe e razza, in base alle teorie evoluzionistiche ed ecologiche inquadrate comunque all’interno della storia locale, offre una nuova chiave interpretativa.
A land of honesty and thrifts,
where labor had its due reward
…….
Truth and honor were upraised,
and purity of thought and deed.
Verità e onore, purezza di pensieri e di azioni connotano il socialista, l’individuo che pone la società come priorità e che cerca nella dimensione egualitaria una formula per perfezionare la vita di tutti. London rappresenta il mito americano, l’uomo che ha saputo forgiare il proprio destino, che ha superato i limiti angusti della sua condizione sociale e si è affrancato grazie alla cultura e alla forza di volontà. Il suo amore patrio traspare in molti dei suoi romanzi ed è il soggetto di questa canzone intitolata Homeland (Patria)
Beautiful Homeland, my own dear Homeland,
deep in my heart dwells a love for Thee e-ver more;
to thee re-turning, my heart is yearning,
for thy great mountains. Thy peaceful green vales.
In many foreign lands a wanderer I strolled,
oft have their wonders and their beauties been extolled;
but none can compare with Thee, oh fairest on earth
and none shall I love as Thee, O land of my birth…..
Homeland Homeland
Retorico e poco originale, questo componimento, che potrebbe essere efficace al massimo per un canto popolare, non ha mai visto la luce durante la vita artistica di London. Un’altra poesia interessante, questa volta di tipo celebrativo, è per il suo amico George Sterling, fine poeta americano con cui aveva stretto un’amicizia fraterna e che ritrasse nel personaggio Russ Brissenden in Martin Eden. Il gesto dell’amico è immortalato mentre srotola il lembo esterno di un petalo di iris, le sue dita seguono il bordo come se fosse in grado di stimolarne la crescita. Il poeta si domanda se Dio si offenderà per questa sua ardita azione, che in un certo senso lo paragona a Lui. Tra i due amici l’influenza emotiva era reciproca, i versi encomiastici tradiscono un grande affetto, una stima profonda che fu ricambiata da Sterling fino a qualche anno prima dalla scomparsa dell’amico, anche se, da poeta autentico, non risparmiava a London le critiche.
Le dediche
Nella recensione Jack London: The Unpublished and Uncollected Articles and Essays and the Complete Poetry of Jack London. Taylor Parson sviluppa molte considerazioni per commentare la raccolta completa di poesie all’interno della vasta mole di contributi pubblicati sulla vita e le opere di Jack London. Una delle critiche rivolte a questo saggio riguarda proprio la scelta dei contenuti pubblicati: perché inserire le 22 pagine della sezione “Dediche”? Parson riconosce che sono abbastanza prevedibili, nella loro struttura in prosa e in versi: ripetono i consueti sentimenti d’affetto e gratitudine rivolgendosi alle uniche destinatarie: la seconda moglie Charmian, la prima moglie Bessie e le figlie Joan e Becky. Anche oggi, nel leggere le dediche, ci si accorge che nell’eumerazione si evidenzia solo un’intensa passione per la seconda moglie Charmian, a cui lo scrittore si rivolge con l’appellativo di mate, ossia compagna di giochi e avventure, di bravate e di allegria (my mate-woman, my woman, dearest mate). Alla sua dolce e goliardica Charmian spesso esprime la sua gratitudine per averlo redento dalla Long Sickness, ossia da una certa malinconica depressione, e dalla White Logic, quella logica con cui analizzava il mondo e interpretava le relazioni umane. Toccante e sincero, le scrive nel 1913 una dedica nel romanzo The night born:
“The seasons come and go, the years slide together in the long backward trail, and yet you and I remain, welded with our arms about each other, moving onward together and unafraid of any future”.
Con il passare degli anni, il sentimento aumenta di intensità e l’intesa si cementa ulteriormente. London vorrebbe comunicarlo a tutto il mondo, grato per questo dono che la vita gli ha fatto, perché non dimentica il senso di solitudine e l’insicurezza che hanno dominato la sua infanzia. Le dediche alle figlie rispecchiano un certo distacco a causa dei freddi rapporti che si erano instaurati fin dalla separazione; di questa situazione spesso London si era rammaricato e aveva cercato di conquistare la stima e l’affetto della figlia maggiore attraverso un epistolario, purtroppo senza successo.
Conclusioni
I critici hanno apprezzato la costanza di Wichlan nel portare avanti una ricerca durata circa due decenni sulle tracce di nuove conferme, non senza cocenti delusioni, per definire l’opus lirico dell’autore e suggerire nuovi percorsi di ricerca. Wichlan usa la sua passione [sta male!] per trasmettere la sua ferma convinzione che London fosse in primis un poeta, prestato poi alla narrativa per cause diverse, tra cui quelle finanziarie. Evidentemente molti degli studiosi delle opere di London condividono l’opinione che lo scrittore possedesse una pregevole sensibilità poetica e una vena passionale che si esprimevano anche in alcune poesie e che trapelavano in molti passaggi dei suoi romanzi. Sono però cauti nell’attribuire a London il titolo di poeta dato che le sue creazioni in questo genere letterario si attestano su una certa mediocrità, superate invece da molte sue eccelse pagine di prosa.
“C’era Darwin dietro queste opere, c’era Spencer e c’era anche Nietzsche ma c’erano soprattutto Emerson, Thoreau, Melville e Hawthorne. C’era l’Ottocento, e non soltanto quello americano, che cercava di comprendere il linguaggio della notte. L’ignoto si imponeva dando forma ad oceani che sono deserti, a foreste per sabba di streghe, a balene bianche come il nulla che precede la nascita. Luce e tenebre si confondevano ed era compito dell’artista sopportare la tensione degli opposti e mediarla perché entrambi coesistessero nel dialogo”.
La sua parabola esistenziale lo conduce a un’involuzione: “da materialista marxista, discepolo del pensiero evoluzionista e sostenitore del metodo scientifico nella vita, nella società e nell’arte” si converte/adatta dal 1910 a una realtà di benessere (conquistato con l’inesauribile vena narrativa e con la forza di volontà) che gli permette spese folli per dare concretezza a sogni faraonici forse intimamente non sempre condivisi, e di essere largamente truffato dai suoi collaboratori. Questo stile di vita risulta distante dalle sue priorità giovanili, è improntato quasi ad un disgusto per i problemi sociali e proletari. Si assiste a un generale titubante ripensamento delle teorie per le quali si era battuto come oratore e come scrittore. La visione di Jack London della dinamica esistenziale è essenzialmente dualistica: un’opposizione o un antagonismo che esalta lo sforzo per sopravvivere (o superare il traguardo); lo stesso si applica alle sue esperienze letterarie in cui si prepara e combatte. Vince nell’arengo letterario ma perde in quello poetico.
Claudia Camicia- Presidente Gruppo di Servizio per la Letteratura Giovanile
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D. J. Wichlan, The complete poetry of Jack London, Little Red Tree Publishing, New London, CT, 2014.
Sitografia
www.jacklondonsociety.org
www.london.sonoma.edu
www.jacklondoncollection.com
www.jacklondons.net
www.jacklononfdn.org