Il cedimento della struttura. Il cliente di Asghar Farhadi
Il modo meno adatto per accostarsi al cinema iraniano è quello di vederlo con gli occhi ancora impastati dagli effetti speciali di Hollywood. La “Komisiyum-e nemayesh” (Commissione dello Spettacolo), istituita nel 1950, ha modificato negli anni il nome e qualche articolo del regolamento, ma non la censura. E così i vari Kiarostami, Panahi, Naderi, Makhmalbaf, ecc., per parlare delle condizioni sociali e politiche del paese hanno adottato un linguaggio cinematografico ricco di simbolismi. Non è una novità, come sanno bene gli storici del cinema. I registi russi lo chiamavano, con Ejzenstejn, “montaggio delle attrazioni”, ovvero inserimento di immagini e scene che, pur apparendo estranee a ciò che si sta narrando, stimolano negli spettatori reazioni emotive. L’esempio classico rimane lo sgozzamento di un bue che appare nella sequenza della repressione operaia di “Sciopero”.
“Il cliente” di Asghar Farhadi inizia con il montaggio alternato di due scene: nello stesso momento in cui gli inquilini di un palazzo di Teheran che minaccia di crollare si precipitano per strada, i tecnici di un teatro allestiscono la scena dove sarà rappresentato “Morte di un commesso viaggiatore” di Arthur Miller. Il film narrerà altro (la perdita della serenità, l’aggressione subita da una donna, la crisi coniugale, il desiderio di vendetta, la voglia di perdonare), ma edificio pericolante e teatro entreranno nella vicenda più di quanto si possa immaginare.
Emad (Sahahab Hosseini), docente e attore, e sua moglie Rana (Taraneh Alidoosti), attrice, hanno dovuto lasciare in fretta la loro casa e, grazie all’interessamento di un amico, trovano una sistemazione provvisoria senza sapere che l’affittuaria che li aveva preceduti era una donna di facili costumi. Un giorno, proprio quando sta per entrare nella doccia, Rana sente squillare il citofono, crede che Emad stia per rincasare e lascia aperta la porta. L’errore le costerà caro, perché l’uomo che si introduce nell’appartamento è un cliente della prostituta che aggredisce Rana e si dà alla fuga. In pochi istanti la vita dei due è sconvolta. Vergogna, paura e umiliazione per Rana; desiderio di conoscere la verità, difficoltà di agire e voglia di vendetta per Emad. La crisi nella quale inevitabilmente piombano ha effetti negativi anche sul loro lavoro. La vicenda si tinge di giallo quando Emad, che si è trasformato in detective, scopre la vera identità dell’aggressore. Siamo alla catarsi, intesa non tanto come soluzione dei fatti, ma come la intendeva Aristotele nella “Poetica”: liberatorio distacco dalle passioni quando si coglie la ragione celata negli eventi.
Non è il caso di aggiungere altro per due motivi: per non togliere a chi vede il film il gusto della scoperta e perché la casa che sta per crollare e il teatro chiamano in causa il montaggio delle attrazioni al quale si faceva riferimento all’inizio e la catarsi della tragedia greca.
Ne “Il cliente” – come in “Una separazione” (2011) e ne “Il passato” (2013) -, Farhadi mette al centro della vicenda la coppia. Questa volta si tratta di due intellettuali e artisti, affiatati e con il sogno di un figlio che dovrebbe cementare ancora di più il loro amore. Scricchiolio sinistro, crepe nel muro e vetri infranti annunciano il cedimento della struttura. Il sisma arriverà sui progetti della loro vita e sulla loro professione di attori. Seguendo percorsi opposti si ritroveranno a vivere e a recitare, a svelare e a mascherare. E non avranno come copione solo il testo di Miller (con il personaggio del venditore che diventa il cliente), ma anche opere di Pirandello. Non credo che la scelta di evitare ogni riferimento ad Hitchcock nella famosa scena della doccia di “Psyco” (sostituita, peraltro, da una porta aperta che crea tensione quanto il sinistro Bates Motel dello psicopatico Norman) sia stata motivata esclusivamente dall’attenersi alle rigide norme della censura iraniana (non rappresentare scene raccapriccianti, nudi femminili, atti di criminalità). In questa duplice finzione cine-teatrale c’è un omaggio al “Rashomon” di Kurosawa e alla poetica del drammaturgo siciliano. Lo scambio dei ruoli – come se nella sala dove si recita la pièce di Miller si abbattesse improvvisamente la quarta parete per una recita a soggetto – coinvolge anche gli spettatori che, non tenendo presente la saggezza di chi sostiene che tutte le storie hanno più di una faccia, vogliono intromettersi nel conflitto familiare e sapere quello che è esattamente accaduto. Con il rischio di veder spuntare dietro la faccia di Farhadi quella di Laudisi del “Così è (se vi pare)” che, ridendo, approva la definizione della misteriosa donna velata: la verità è ciò che si crede.
Italo Spada
Il cliente (Titolo originale: Forushande)
Regia: Asghar Farhadi
Con: Shahab Hosseini, Taraneh Aliddosti, Babak Karimi, Farid Sajadi Hosseini, Mina Sadati
Iran, Francia, 2016
Durata: 12a’