Quando il fumetto diventa graphic novel: ma… è Dino Buzzati!
A 17 anni dall’ultima edizione, Mondadori ha rieditato nel 2017 per l’etichetta Oscar Ink Poema a fumetti di Dino Buzzati (1906-1972), in cui lo scrittore italiano reinterpreta per immagini il mito di Orfeo ed Euridice calandolo nella contemporaneità.
Nell’estate 1986 in allegato alla rivista Linus esce un breve fumetto in bianco e nero (ce l’ho ancora!): si chiama Maus e l’autore Art Spiegelman è sconosciuto ai più. Maus racconta la storia del padre dell’autore in Germania durante il Nazismo, quando fu internato ad Auschwitz con sua moglie. Gli ebrei sono ritratti come topi, i nazisti come gatti, i polacchi come maiali. Il disegno è duro e sporco e la storia narrata mette a dura prova il lettore.
Riscosse subito un grande successo e fu definito “romanzo” a tutti gli effetti, perché non gli mancava nulla per essere considerato tale. Dell’opera globale, molto corposa, fu successivamente pubblicata in volume la prima parte: è il 1989, e la data viene spesso considerata l’atto di nascita del “romanzo a fumetti”, punto di riferimento per tutto ciò che sarà pubblicato dopo e per tutto quello che era venuto prima, al quale non era mai stato dato un nome ben preciso.
Ma in realtà, non era poi un’idea editoriale così nuova: in Francia raccoglievano le bande dessinée fin dagli anni Trenta con le storie di Tintin e quindi di Asterix. In Italia, dagli anni Sessanta, i fumetti finivano spesso in volume, anche se la loro sopravvivenza in libreria era più frutto del caso che dovuta a una precisa strategia editoriale. Fu il successo di pubblico e critica di Maus (Premio Pulitzer nel 1992) a creare le basi di un nuovo settore della letteratura: quello del romanzo a fumetti, o “graphic novel”.
Poema a fumetti
Ma torniamo in Italia e un po’ indietro. Da noi erano già usciti ben prima moltissimi romanzi a fumetti, come Una ballata del mare salato e Corte sconta detta arcana di Hugo Pratt ad esempio, ma soprattutto, dico io, Poema a fumetti di Dino Buzzati (1963), opera per la quale l’autore subì pesanti critiche negative iniziali dal mondo della letteratura che lo aveva in precedenza osannato per il romanzo Il deserto dei tartari(1940), poi per Un amore (1963) e altri.
La storia
Poema a fumetti si richiama all’antico mito di Orfeo che ottenne dagli dei il permesso di scendere negli inferi per riprendersi la sua sposa, Euridice. I protagonisti della storia di Buzzati sono Orfi e Eura, lui un moderno cantautore pronto a imbracciare la chitarra per cantare delle bellissime ballate, lei una giovane ragazza dei giorni nostri. Dopo la morte di Eura, Orfi riesce a entrare nel regno dei morti proprio grazie alla sua capacità di commuovere con le sue melodie. Anche lui, come Orfeo, riuscirà a incontrare la sua amata e a portarla con sé lungo la via del ritorno nel regno dei vivi. L’incontro tra Orfi ed Eura, è una moderna interpretazione dello stesso incontro mitologico, dove emerge tutta l’illusione e la passione del protagonista, di fronte alla rassegnazione e al pragmatismo dell’amata: la ragazza, infatti, si rende conto di essere eternamente legata a quell’al di là statico e cerca dunque di utilizzare il tempo concessole per vivere intensamente quei pochi, ultimi intensi e dolci attimi. Ovviamente Orfi resterà sordo alle parole della ragazza, perdendola una seconda volta e definitivamente.
Struttura
L’opera ripropone i classici temi di Buzzati del mistero- morte-amore e trae ispirazione dal mito di Orfeo ed Euridice che l’autore rivisita in chiave erotica e moderna, trasponendo il mito nella dimensione della quotidianità. Buzzati fonde la caratteristica visionaria della propria pittura con la dimensione del fumetto e il racconto fantastico: questa sua forma espressiva, frutto di sperimentazione, rappresentò una grande novità per l’Italia. E lo è ancora, per certi versi. Nella narrazione, lo scrittore lombardo preferì utilizzare le didascalie più che i balloon caratteristici del fumetto, e le pagine sono raramente suddivise in vignette, preferendo l’illustrazione a tutta pagina (Buzzati era un discreto lettore di fumetti, in una foto d’antan si vede, nello sfondo, un Diabolik). Lo stile però non è coerente, omogeneo, ma cambia nel divenire dell’opera, un po’ in base all’ispirazione del momento, un po’ in base agli omaggi che lo scrittore inserì nelle pagine: Dalì, Wilhelm Bush, Fellini e tanti altri sono citati in questa bellissima storia che alterna il gusto macabro – con passaggi che ricordano le storie di fantasmi e del brivido – ad un forte senso dell’erotismo, con donne nude che ammiccano e tentano il protagonista; mentre lo stile grafico risulta non di rado improntato alle forme espressive di Andy Warhol. Oltre ad essere uno spaccato illuminante dell’arte pittorica di Buzzati, un aspetto dell’opera dell’artista fra i meno noti al pubblico (… ma Buzzati era scrittore, poeta, drammaturgo, giornalista, critico, pittore e tanto altro!) nonostante spesso lui si sia professato un pittore dato in prestito alla letteratura, Poema a fumetti riprende in fondo i medesimi temi delle sue opere letterarie. Ma il pubblico “letterario” non era ancora pronto a questa forma di “scrittura”. Buzzati, come tutti i geni, era molto avanti nel tempo.
La platea
Dice l’Autore a proposito di questa opera: “(…) Confesso che mi aspettavo reazioni di scandalo, di disapprovazione, e anche di silenzio, dato che era umano che un critico si trovasse seriamente imbarazzato a dover parlare di un prodotto simile. Devo dire che della critica italiana non avevo quasi mai avuto a dispiacermi. Nel complesso, neppure questa volta. Ci sono stati sì dei settori di completo silenzio, sinonimi appunto di imbarazzo, se non di fastidio o disprezzo. Ma coloro che si sono occupati del libro l’hanno preso in genere molto sul serio, con una comprensione che sinceramente non avrei osato sperare. (…) Parecchi mi hanno rimproverato l’eccessiva frequenza, nelle pagine, di ragazze nude disegnate con accento libertino. Io l’ho fatto per tre motivi: primo, la nudità mi sembra il costume più adatto nel mondo dei più; secondo, disegnare dei nudi è più gradevole e stimolante che disegnare delle persone vestite (almeno per me); terzo – e qui direte che mi do la zappa sui piedi, ma perché essere ipocrita? – pensavo che l’ingrediente fosse producente agli occhi del pubblico. (dal “Corriere della Sera” dell’8 febbraio 1970).
La critica e il pubblico, nemici fin da subito per la forma linguistica e grafica usata da Buzzati (siamo anche in un periodo di forti puritanesimo e perbenismo del dopoguerra, fino a tutti gli anni ’60), alla fine, non senza stupore dell’Autore, accolsero molto positivamente quest’esperimento espressivo. L’opera è quindi uno dei primissimi graphic novel italiani e mondiali, prima di Maus, pur non avendo la sua estensione di foliazione. Poema a fumetti vinse il Premio Paese Sera nel 1970, ma quanti italiani lettori lo conoscono veramente oggi?
Forza e originalità
Poema a fumetti fece da spartiacque a un interesse del pubblico e della critica verso il “fumetto” visto non tanto come semplice intrattenimento ma come possibilità di narrare qualcosa di diverso, di più profondo, utilizzando un mezzo espressivo che in Italia era stato spesso relegato ai bambini e agli adolescenti che escono da scuola o ai lavoratori che devono staccare dallo stress quotidiano. Si potrebbe dire, e le recensioni del tempo lo testimoniano, che Buzzati aprì veramente la strada al romanzo grafico in Italia, almeno un decennio prima dell’esordio ufficiale negli Stati Uniti di Will Eisner con il suo Contratto con Dio. E mi piace pensare che Poema a fumetti possa aver dato il coraggio a tanti bravi autori italiani (come Guido Crepax, Buzzelli, Pratt, e altri che vennero poi, fino a quelli di oggi ) e la libertà di proporre le loro opere autoriali e personali. Credo che se tale strada fosse stata intrapresa dallo scrittore lombardo con almeno un decennio d’anticipo, probabilmente l’evoluzione e le fortune del fumetto italiano sarebbero state molto diverse.
Importantissima poi la scelta di Mondadori di pubblicarlo… anche se la sua qualità di “editore illuminato” non fu questa volta tutta farina del proprio sacco, ma fu accesa dalla magnifica intuizione e dalla testardaggine amorosa della moglie di Buzzati Almerina Antoniazzi (scomparsa nel novembre 2015). Perché Buzzati ha sempre saputo quello che faceva, era un genio cosciente, come Picasso ad esempio. Si rese benissimo conto, quindi, di aver realizzato un’opera che sarebbe rimasta nella storia, perché complessa, originale, innovativa, fuori dagli schemi conservatori del tempo… e proprio per questo disse alla moglie che l’avrebbero forse pubblicata non prima degli anni 80! Così, scettico, gliela regalò. E allora fu proprio lei (“l’Angelo di Buzzati”) a portarla a Mondadori e ad insistere con l’editore che, in verità, all’inizio era veramente molto perplesso.
Ora, dopo aver ripubblicato pochi anni fa I miracoli di Via Morel (di cui parleremo in una prossima occasione), Mondadori ha immesso di nuovo sul mercato il Poema di Buzzati (Collana Oscar Ink, 2017, 250 pp., rilegato). Un’opera che dovrebbe aver posto nella libreria di ogni lettore che ami non solo il fumetto e l’immagine, ma soprattutto l’invenzione e l’originalità letteraria.
Renato Ciavola