LA LETTERATURA PER GIOVANI COME ARTE DELLA BREVITÀ
Traduzione di Luciana Loschiavo
L’esistenza di forme brevi nella letteratura per l’infanzia dipende da un presupposto pratico. Il loro sviluppo è stato condizionato anche dalla storia e dai supporti materiali. Ciò non toglie che la questione della letterarietà o meno si applica agli autori di opere brevi per giovani come agli altri. E tutta una produzione – indovinelli, storie divertenti, pubblicazioni documentarie – mette anch’essa in gioco una relazione estetica tra contenuto e forma.
SI POSSONO AFFRONTARE LE FORME BREVI NELLA LETTERATURA PER GIOVANI USANDO I CRITERI DELLA RICERCA E DELLA CRITICA LETTERARIA?
Sì, perché non esiste differenza sostanziale fra la letteratura per i giovani e la letteratura per adulti. L’una e l’altra manipolano il linguaggio e prendono in prestito le stesse vie dell’estetica mirando a suscitare il piacere e l’emozione del lettore. Pertanto, quando entrambe propongono forme brevi condividono tratti comuni, e possono iscriversi naturalmente negli stessi generi. Si può parlare di novelle, di racconti, di massime, di fiabe ecc., per la gioventù o per gli adulti. E, utilizzando queste categorie, si indicheranno, allora, le stesse forme codificate.
Resta il fatto che la ragione di un ricorso così frequente alla brevità nella letteratura per giovani è, innanzitutto, legato a considerazioni pedagogiche. Se si propongono testi brevi ai bambini, è semplicemente perché si suppone che essi non siano in grado di leggere testi troppo lunghi o che siano recalcitranti a farlo.
La scelta di “essere brevi” deriva, in primo luogo, da questioni non estetiche ma pragmatiche. Pertanto, parlare di forme brevi prima di tutto in termini estetici porta alla negazione della ragione prima della loro importanza quantitativa nella letteratura e nella stampa per i giovani. Se le questioni estetiche sono centrali nella letteratura giovanile (perché quella si impegna quasi sempre in un patto di questo tipo), esse devono negoziare con altre preoccupazioni che pesano altrettanto sulle forme e le scelte degli autori.
I CATALOGHI DEGLI EDITORI RIFLETTONO LOGICAMENTE QUESTO PRAGMATISMO CHE VOI SOTTOLINEATE…
In effetti, se si osserva la produzione contemporanea incrociando i criteri dell’età del lettore a cui si mira e quelli delle dimensioni dell’opera, si constata una tendenza a privilegiare le forme brevi per i più piccoli (abbecedari, albi cartonati, racconti con immagini accompagnati da un testo breve) mentre i più grandi hanno diritto a testi più lunghi (albi dal testo più importante, poi brevi romanzi illustrati, infine per i più grandi, letteratura per giovani adulti che prendono a volte la forma di cicli di lunga durata).
Ciò non vuol dire, per questo, che questioni letterarie non si impongano agli autori per giovani (per la gioventù). Ma solo che affrontando queste forme in termini letterari e artistici, non ci si può limitare ad una “contestualizzazione” comunicativa ma anche sociale, culturale o storica perché questo quadro determina le scelte estetiche.
L’IDEA DI RIDURRE LA LUNGHEZZA COMPARE/SPUNTA SIN DALL’APPARIRE DI OPERE PENSATE PER I PIU’ GIOVANI?
Negli anni 1850, un editore come Mame si era specializzato in racconti brevi per ragazzi. E, se si eccettua il caso dei romanzi per ragazzi pubblicati a puntate (dispense) (che sono lunghi solo se li si considera nel complesso, perché ogni fascicolo rappresenta in realtà una lettura breve) le opere privilegiate sono sempre state globalmente più corte di quelle prodotte nella letteratura per adulti. Ma se una tale scelta si spiega con ragioni pragmatiche (proporre un testo abbordabile),ci sono ovviamente delle conseguenze estetiche. In altre parole, gli autori hanno sfruttato le possibilità della brevità per creare delle forme originali.
QUALI SONO LE CONSEGUENZE ESTETICHE DELLA SCELTA DELL’“ESSERE BREVE”?
La preoccupazione di leggibilità si traduce, per esempio, in proprietà stilistiche, lessicali o narrative (e anche pittoriche) notevoli; la forma breve permette di rafforzare esplicitandoli alcuni aspetti della struttura (ripetizioni, variazioni), ma permette allo stesso tempo di sfruttarli per produrre effetti estetici: piacere della ripetizione, della interruzione, dell’articolazione di ciclicità, di ritornelli e di strofe, ecc. Un classico come Roule Galette testimonia l’alternanza fra le preoccupazioni di leggibilità e la loro riformulazione estetica, e il suo potere di seduzione sarebbe stato ovviamente diluito se essa avesse preso una forma meno serrata.
Quando la prospettiva pedagogica è motivata, la brevità può rendere leggibile la “lezione del testo” e più generalmente il suo significato (poiché la letteratura per i giovani resta spesso legata ad un intento morale o didattico). Essa permette, inoltre, di dare una forza maggiore agli effetti ludici o comici, più serrati,ecc. Qui ancora, estetica e retorica si articolano sempre.
Così si può, dunque, dire che esistono delle estetiche della brevità che si inventano, in maniera più specifica, nella letteratura per ragazzi; nel senso che alcune scelte si sono imposte collettivamente e hanno avuto un’incidenza sul modo di scrivere per questo tipo di pubblico. Il ricorso a forme vicine alla filastrocca o alla canzone, le tecniche di trasposizione dell’informazione del testo verso l’immagine (che permettono di rafforzare il proposito), il gioco dei suoni legato alla tradizione della lettura orale (particolarmente efficace nelle forme brevi), sono altrettanti tratti caratteristici delle opere per la gioventù che si spiegano anche con ragioni storiche e culturali.
NEL COMMENTARE LA MINORE VISIBILITA’ DI FORME BREVI PRESSO DI NOI, SI CONTRAPPONE SPESSO ALLA TRADIZIONE DELLE “SHORT STORIES” ANGLOSASSONI ALLA PRATICA DEL FEUILLETON IN FRANCIA…
Ciò non dipende da una diversa ricerca formale o estetica negli Stati Uniti o in Gran Bretagna da un lato e in Francia dall’altro.Lo sviluppo delle forme brevi è stato favorito nel XIX secolo dalla stampa che, poiché privilegiava gli articoli brevi, ha permesso, fra l’altro, un grandissimo sviluppo della novella (che usciva sulla stampa come una sorta di articolo di fantasia), ma anche della cronaca o della diceria/pettegolezzo (altre forme brevi della letteratura mediatica). In un certo senso, il feuilleton è una forma molto lunga di romanzo, ma legata anche a dinamiche di brevità quelle derivanti dall’uscita del fascicolo dei feuilletons, e che assumono anche alcuni tratti estetici associati alle forme brevi.
Se le short stories si sono tuttora mantenute negli Stati Uniti e in Gran Bretagna e non in Francia, è perché, nel nostro paese, le fictions hanno progressivamente abbandonato la stampa nel primo dopoguerra, mentre i periodici ne hanno proposte a lungo nei paesi anglosassoni. Ora, per la sua periodicità settimanale o mensile (che presuppone un periodo relativamente lungo fra due numeri), il periodico si presta meno al racconto a puntate che al racconto completo, da qui il successo delle forme brevi (anche se i periodici proponevano anche dei feuilletons).
Non dimentichiamo che negli Stati Uniti, i pulp magazine, si contavano a centinaia nel primo dopoguerra. E queste riviste popolari a basso costo offrivano tradizionalmente un romanzo breve e parecchie novelle in ogni numero. Ciò spiega l’importanza della novella in fantascienza o nel romanzo poliziesco, due generi legati al format del pulp. Non c’è, dunque, un “genio” della brevità anglosassone opposto al genio delle forme lunghe in Francia, ma solo delle condizioni editoriali che hanno favorito o meno un tale formato.
NON SI POSSONO, DUNQUE, ASSIMILARE LE FORME BREVI AD UNA CERTA RICERCA, AD UNA RICHIESTA DI ESIGENZA, AD UNA LETTERARIETA’…
Se per “letterarietà” si intende qualità letteraria, no, certamente: o piuttosto né più né meno che per le forme lunghe. Se Maupassant ha scritto i suoi Racconti e Novelle, è perché giornali come Le Gaulois o il Gil Blas pubblicavano novelle per divertire i loro lettori. E in questi giornali, come più tardi nei periodici anglosassoni, si pubblicavano anche parecchie cose mediocri.
La questione difficile non è quella della definizione delle forme brevi, ma quella della letteratura. Del resto, ci sono forme brevi solo in confronto con forme più lunghe: un haiku è una forma poetica breve in rapporto ad altre forme poetiche, una novella in rapporto a un racconto più lungo (come il romanzo), etc… Dunque, non è difficile definire una forma breve.
Ma la difficoltà si presenta quando si tratta di associare un perimetro letterario alle forme brevi: una storia buffa o un indovinello, sono letteratura? Sì, quando è Lewis Carroll a inventarli. E una cronaca? Si sostiene che ciò dipenda dall’autore o dalla qualità del testo. Ma non è questo, senza dubbio, il fulcro della questione.
LA SUA DEFINIZIONE DI LETTERATURA?
Io avrei la tendenza a dare una definizione, la più ampia possibile, della letteratura, per designare ogni produzione testuale che metta in gioco una relazione estetica: ciò permette allora di includere nell’insieme delle forme letterarie brevi tutti gli indovinelli, le storie buffe, le produzioni giornalistiche che mirano al piacere del lettore, certe pubblicità sotto forma di testo ma anche, certamente, la maggior parte delle forme brevi per ragazzi siano esse strettamente testuali o “iconotestuali” (ossia composte da testi e immagini, come negli albi). E intendo parlare qui non solo delle forme legate alla fiction ma anche delle forme di testi documentari dall’estero, dal momento che la maggior parte di questi ultimi, che si rivolgono ai giovani, tendono a sedurre il lettore mediante processi di estetizzazione del testo (aneddoti, forme di fiction, umorismo etc.) e che ricorrono in maniera massiccia a forme brevi (incorniciature, pagina scintillante in serie di testi e aneddoti, piccoli fumetti esplicativi, approcci enciclopedici che vertono su articoli brevi e piacevoli). Per me tutto questo può essere considerato al pari della letteratura.
LA FORMA BREVE NON PROMETTE FORSE, CONTEMPORANEAMENTE – SPECIE AL GIOVANE LETTORE – UNA PADRONANZA DEL SENSO E UNA PADRONANZA DEL TEMPO?
Un appropriarsi del senso, senza dubbio, perché un grosso libro può spaventare un giovane lettore. Quanto all’appropriarsi del tempo, forse anche, per le stesse ragioni… Ma attenzione: non si parla necessariamente del tempo del giovane lettore! Se gli albi per i piccolissimi sono brevi è anche perché i genitori che glieli leggono non hanno tempo… Così, anche a scuola, si scelgono libri brevi perché devono poter essere letti nello spazio di una unità didattica. In altri termini, questo tempo breve può rimandare a tutta una serie di preoccupazioni diverse. Una tale constatazione testimonia il fatto che la letteratura per ragazzi è spesso legata a preoccupazioni pedagogiche oltre che letterarie: controllare il tempo e il senso è una ambizione indipendente da questioni estetiche. Esteticamente, si tratta piuttosto di sfruttare questa temporalità per trarne profitto.
NOI VIVIAMO UN TEMPO CHE VA SEMPRE PIU’ VELOCE… E, PARADOSSALMENTE, CI IMMERGIAMO NELLE SAGHE (ROMANZESCHE) E NELLE SERIE (TV). RISPONDONO, FORSE, QUESTE AI BISOGNI DI “TEMPO LUNGO” E DI UN PUNTO DI ROTTURA CON LA NOSTRA ESPERIENZA COMUNE DI UNA QUOTIDIANITA’ RITRITA?
Io non penso che il gusto per le saghe romanzesche o le serie di lunga durata (interminabili!) sia legato al bisogno di un tempo lungo o alla rottura con i ritmi quotidiani, D’altronde, per le serie, è piuttosto il contrario: gli episodi, più brevi di un film, si prestano ad una visione spezzettata.
Le ragioni sono da ricercare altrove: lo slittamento dalle serie a episodi distinti (sul modello di Colombo) a quelle a puntate (con uno stesso intreccio che si prolunga per più stagioni) si spiega con le trasformazioni dell’ecosistema mediatico. Le reti hertziane avevano interesse ad aderire al primo modello (perché esso permette di saltare un episodio senza danno). Ma l’avvento delle reti del cablo (HBO) o delle reti in streaming a cataloghi (Netflix) favorisce la forma a puntate (fonte di fidelizzazione a dei dispositivi a pagamento). La preferenza verso serie che offrono un intreccio continuo, al di là dei limiti di ogni episodio, riguarda, dunque, più il contesto mediatico che il nostro rapporto col tempo.
E IL GUSTO DELLE SAGHE PRESSO I PIU’ GIOVANI?
Quanto ai giovani che si mettono a leggere delle saghe romanzesche, ciò è dovuto al fatto che esse affondano nei “generi dell’immaginario” (fantastico, fantascienza, fantasy), che da molto tempo hanno favorito il principio dei cicli. Ciò non è più legato, dunque, ad una relazione col tempo proprio dell’epoca contemporanea. Ora, il legame tra generi dell’immaginario e forme cicliche si spiega con l’attrattiva che c’è nel ritrovare un mondo immaginario in parecchie opere: proprio perché non esiste che in forma di fiction. Il solo mezzo per un universo totalmente immaginario di arricchirsi e di approfondirsi è di essere rilanciato in nuove fictions. Se esiste un tratto contemporaneo, è il gusto degli immaginari propri delle fictions (che favorisce l’infittirsi della “mediasfera” ossia l’insieme dei media e dei loro contenuti) e il piacere di una relazione con i mondi virtuali che essa favorisce.
Mathieu Letourneux
Professore di letteratura presso l’università di Parigi-Nanterre. Lavora sulle culture popolari, mediatiche e seriali ed è redattore capo della Rivista Belphégor.
Tra le sue opere ricordiamo Fiction à la chaine. Littératures sérielleset culture mediatique, che ha visto la luce nel 2017. Matthieu Letourneux ha pubblicato nel 2021 L’Empire du rire (XIX-XXI siécle), con Alain Vaillant (CNRS Editions )